Storico romano. Nato da
ricca famiglia plebea, si trasferì a Roma assai giovane e vi intraprese
la carriera politica: nel 55 o nel 54 a.C. fu questore e nel 52 a.C. tribuno
della plebe; durante il suo tribunato, per motivi politici e personali,
trascinò in giudizio Milone, la cui difesa fu assunta da Cicerone. Nel 51
a.C. fu probabilmente
legatus proquaestore in Siria, ma l'anno successivo
i censori Appio Claudio Pulcro e Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, di parte
conservatrice, lo fecero espellere dal Senato per immoralità. Schieratosi
a fianco di Cesare, nel 49 a.C. fu da costui rieletto questore e nel 48 a.C.,
dopo la battaglia di Farsalo, riammesso in Senato. Seguì Cesare in Africa
ed ebbe il governo della Numidia, organizzata in provincia con il nome di
Africa Nova: durante la sua permanenza in Africa si arricchì in
modo smisurato, al punto che al ritorno a Roma acquistò una grandiosa
villa (che da lui prese il nome di
Horti Sallustiani), estesa da porta
Salaria fin quasi a porta Pinciana. In questo splendido luogo si ritirò a
vita privata dopo la morte di Cesare (44 a.C.), dedicandosi agli studi storici
fino alla sua morte. La vita e la persona di
S. furono assai discusse
già fin dall'antichità: un liberto di Pompeo compose una violenta
satira contro di lui, dalla quale deriva forse l'
Invettiva contro
Sallustio attribuita erroneamente a Cicerone e composta invece da un
falsario di età imperiale. Tra gli addebiti che gli furono mossi si
ricordano quello di aver avuto una relazione con Fausta, figlia di Silla e
allora moglie di Milone, e quello di essersi arricchito indebitamente a spese
dei provinciali africani; ciò nondimeno, dai suoi scritti traspare una
forte tensione morale e un sincero desiderio di giustizia. Della sua produzione
storica sono pervenute due monografie,
La congiura di Catilina (
De
coniuratione Catilinae) e
La guerra di Giugurta (
Bellum
Iugurthinum), nonché frammenti delle
Storie
(
Historiae), la sua opera più impegnativa. Inoltre, sotto il
suo nome sono tramandati alcuni scritti, i cosiddetti
Pseudo-Sallustiana,
della cui attribuzione a
S. si dubita; probabilmente, sono da ritenere
autentiche le due
Lettere a Cesare (
Epistulae ad Caesarem), in cui
è contenuta una vera e propria professione di fedeltà a Cesare,
considerato l'unico rimedio possibile per i mali che affliggevano la corrotta
società romana. Più incerta è invece la paternità
del poema
Empedoclea, forse da attribuire a un omonimo; quasi certamente
spuria è infine l'
Invettiva contro Cicerone (
Invectiva in
Ciceronem), critica feroce del famoso oratore e uomo di Stato.
La
congiura di Catilina è la prima e più famosa monografia di
S.: composta fra il 43 e il 42 a.C., narra gli avvenimenti del 63 a.C.,
anno del consolato di Cicerone e del colpo di Stato tentato da Catilina,
aristocratico di simpatie sillane e in quanto tale soggetto a una valutazione
del tutto negativa da parte del democratico
S., che lo descrive come
individuo intelligente ed energico, ma perverso, depravato e propenso a ogni
genere di delitto. L'opera, che interrompe la tradizione latina dell'annalistica
per concentrarsi su un periodo determinato, è notevole sia per la
vivacità e l'espressività dei ritratti dei protagonisti, sia per
la tensione narrativa; tuttavia, la passione politica indusse
S. a
un'interpretazione parziale e per nulla obiettiva dei fatti. La seconda
monografia,
La guerra di Giugurta (scritta intorno al 40 a.C.), descrive
il conflitto che oppose Roma al re di Numidia fra il 111 e il 105 a.C., ma di
fatto si concentra sulla lotta politica interna fra il popolo e il ceto
aristocratico e senatorio, accusato di malgoverno e di sfruttamento dei guadagni
provinciali. Eroe di
S. è il democratico Mario, che condusse le
operazioni militari in Africa: esatto contrario del nobile Catilina, Mario
è rappresentato come il generale figlio del popolo, avido di gloria ma
disposto a sacrificare la sua ambizione per il bene della patria. Solo frammenti
possediamo dello scritto più importante, le
Storie,
scritte
fra il 39 e il 36 a.C., che intendevano proseguire l'omonima opera dello storico
Sisenna e in cinque libri narravano gli avvenimenti del periodo fra il 78 e il
67 a.C., vale a dire dalla morte di Silla alla guerra contro i pirati. Da quel
che resta si evince che si trattava di un fosco quadro della società
romana negli anni del predominio di Pompeo, al quale
S. era profondamente
avverso: vi predomina un pessimismo più acuto e una notevole
originalità di pensiero.
S. ebbe infatti una concezione critica
della storia, teso a ricercare sempre le cause profonde degli avvenimenti e a
denunciare ai suoi contemporanei la corruzione e l'immoralità insita in
un certo tipo di Governo; storico moralista, seppe sottolineare costantemente la
dignità dell'uomo e l'importanza della sua missione nella storia: per
quest'alta coscienza morale fu poi ammirato e imitato da Tacito. Il suo
linguaggio è denso di reminiscenze catoniane, e il suo stile -
volutamente arcaico - è solenne, breve e potente e rivela la sua
avversione per il modello ciceroniano. Con
S. sorse in Roma un nuovo
genere di storiografia, lontana dalla maniera ellenistica, aliena dall'aneddoto
e dominata dal momento psicologico (Amiterno, Sabina 86 a.C. - Roma 35 a.C.
circa).